Il ponte romano di Decimomannu riportato alla luce in località Bingia Manna dove scorre il Rio Mannu, viene menzionato per la prima volta in un testo di Giovanni Fara dedicato alla geografia della Sardegna, risalente alla seconda metà del XVI secolo.
L’originario impianto lungo circa 160 metri, era contraddistinto da tredici arcate realizzate con l’impiego di conci calcarei squadrati, di cui se ne conservano solamente tre per una lunghezza di circa 36,40 metri.
Alla seconda metà dell’Ottocento risalgono i primi lavori di restauro finalizzati a recuperare l’opera monumentale lasciata sino ad allora in uno stato di assoluto abbandono; in occasione di questi interventi furono impiegati blocchi antichi, rivestiti di malta cementizia mista a ciottoli fluviali.
Successivo fu sicuramente l’impiego dei ciottoli a vista direttamente lungo le mura senza ricorrere alla malta.
All’ultima fase restaurativa commissionata dall’amministrazione comunale sono riconducibili i blocchetti squadrati in arenaria, e gli interventi di demolizione del ponte per consentire la costruzione di argini artificiali.
Da ammirare lungo il lato Nord Ovest del ponte uno sperone frangiflutti, frequentemente impiegato dagli ingegneri romani come elemento per diminuire la pressione esercitata dalle acque sulle strutture murarie.
Peculiare la carreggiata composta da ciottoli fluviali, affiancata in alcuni tratti anche da tracce riconducibili all’antico acciottolato.