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Complesso Archeologico di Monte d'Accoddi   
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Il complesso archeologico di Monte d'Accoddi (dal termine sardo “kodi” che significa “Monte”) situato a circa 11 Km. di distanza dal centro abitato di Sassari, lungo l’arteria stradale che conduce a Porto Torres, si colloca in un arco temporale compreso tra il Neolitico Medio e l'Età del Bronzo Antico, vale a dire tra il 4.500 e il 1.800 a.C. ca.
Riportato alla luce in occasione degli scavi archeologici condotti tra il 1952 e il 1958 a cura del professore Ercole Contu, cui subentrò nel 1979 e sino al 1990 il prof. Santo Tinè, il sito prenuragico comprendente un altare, un villaggio e una necropoli ipogeica, è a tutt’oggi unico non solo in Europa, ma nell’intero bacino Mediterraneo, al punto da essere definito come “la ziqqurath di Monte d’Accoddi”.
L’area su cui insiste il complesso in esame, fu insediata per la prima volta da abitanti appartenenti alla cultura di Ozieri (3200-2800 a.C.), costruttori di un villaggio con capanne quadrangolari, e di una necropoli con tombe ipogeiche a Domus de Janas.
Ad una fase matura risale la realizzazione a cura della medesima gente, di un santuario di forma tronco piramidale preceduto da una rampa trapezoidale, al vertice della quale si erge un vano rettangolare con ingresso a sud, identificato con il noto "Tempio rosso", così chiamato per la presenza lungo tutte le sue superfici di intonaco e meravigliosi dipinti realizzati perlopiù con l’impiego del color rosso ocra, oltre a tracce di giallo e di nero.
Nel 2.800 a.C. circa, il santuario ormai in rovina, a causa dei crolli e probabilmente anche di un incendio scoppiato durante il periodo della cultura Filigosa (2800 a.C. circa), venne interamente sommerso da strati di terra, pietre ed albino, tra loro uniti con blocchi di calcare, che oggigiorno contraddistinguono l’esterno della costruzione, e tali da formare una seconda piattaforma troncopiramidale alla quale è stata data il nome di “Tempio a Gradoni”.
Accessibile mediante una seconda rampa, il santuario in questione non avendo simili in tutto il Mediterraneo, si pensa richiami l'architettura templare mesopotamica ed in particolare le famose “Ziggurath” del III millennio a.C. .
L'edificio conservò la sua funzione religiosa per molti secoli, sino al 1800 a.C. coincidente con l'Età del Bronzo Antico, e quindi con il periodo precedente la nascita della Civiltà Nuragica, quando ha inizio per tutta l’area archeologica un lento declino.
La sacralità e l’importanza storico-artistica del sito non vennero rispettate nemmeno durante la Seconda Guerra Mondiale; si pensi ai lavori di escavazione di una profonda trincea nei pressi dell’antico santuario, al fine di installare delle batterie contraeree.
Alla cultura Filigosa (2800 a.C. circa), si fanno risale anche il lastrone trapezoidale calcareo situato vicino alla rampa, sorretto da tre basi litiche, con sette fori ai bordi, e i resti della "capanna dello stregone" di impianto trapezoidale, contraddistinto da cinque ambienti di forma irregolare coperti da un tetto spiovente; qui sono state riportate alla luce anche una punta di corno bovino e ad alcune conchiglie bivalvi custodite in una brocca.
L’altare di Monte d’Accoddi rappresenta per la cultura ideatrice, il punto di incontro tra l’uomo e il divino, nonché il luogo sacro dove poter sacrificare in onore degli Dei un gran numero di animali, simbolo di rigenerazione della vita.


 
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