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Castello della Cuba di Palermo   
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Il castello della Cuba (in arabo Qubba, che significa “cupola") situato nell’omonimo quartiere della città di Palermo, fu edificato nel 1180 su commissione di Guglielmo II all’interno di un immenso parco denominato Genoardo che si estendeva a sud ovest del Palazzo Reale, da molti considerato il paradiso della terra, perché ricco di acque e magnifici giardini.
La Cuba rappresentava per il Sovrano un luogo di piaceri, dove soggiornarvi nelle ore diurne, assistendo nel contempo a feste e cerimonie, nonché riposarvi e refrigerarsi nelle giornate estive più afose.
Nel XIII secolo il palazzo passò nelle mani della famiglia D'Angiò, cui seguirono la famiglia D'Aragona, e nel 1320 il conte Barca Siginolfo.
Tra il 1575 e il 1576, anno della terribile peste, il castello venne adibito a lazzaretto e come tale rimase fino al 1626.
Al XVIII secolo risalgono i lavori di trasformazione della struttura, al fine di renderla adeguata per lo stanziamento della cavalleria Borgognona.
La restituzione della Cuba nel suo originario splendore è il risultato dei lavori di restauro eseguiti tra la fine degli anni Ottanta e gli inizi degli anni Novanta, ad opera dell’architetto Tomaselli, e per volere della Regione Siciliana, proprietaria del monumento arabo-normanno più famoso di Palermo.
Esternamente, il palazzo si presenta in forma rettangolare, con quattro corpi a forma di torre, uno su ciascun lato, di cui quello più sporgente rappresentava l'unico accesso agli ambienti interni dalla terraferma, dato che la struttura era originariamente circondata dall’acqua.
Le pareti sono decorate esternamente da arcate ogivali, di tanto in tanto interrotte da finestre separate da pilastri in muratura, di numero ridotto per offrire una maggiore resistenza al calore del sole, inoltre gran parte delle aperture sono rivolte verso nord-est, dove soffiano i venti freschi provenienti dal mare.
L’interno della Cuba era divisa in tre ambienti comunicanti tra loro, di cui quello centrale conserva i resti di una meravigliosa fontana in marmo, a forma di stella, le cui acque zampillanti confluivano all’interno di una peschiera con impianto rettangolare.
Questa sala era frequentata dal Re per trascorrere momenti di relax dopo una battuta di caccia, oppure per organizzare feste, concerti e danze, mentre gli ambienti laterali fungevano da luoghi di servizio, e postazioni di guardia.
Ricordiamo che fu proprio tra le acque e gli alberi della Cuba, che Boccaccio ambientò una delle novelle del suo Decameron, ossia la sesta della quinta giornata, in occasione della quale racconta la vicenda d'amore tra Gian di Procida, nipote dell’omonimo eroe del Vespero Siciliano, e Restituta, una ragazza bellissima di Ischia, rapita dai siciliani per offrirla in dono all’allora re di Sicilia, Federico II d'Aragona.

 
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