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Castello di Maredolce alla Favara   
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Il castello di Maredolce alla Favara dall'arabo “al-fawwāra” che significa sorgente, prende il nome per l’appunto dalla fonte d’acqua che sgorgava dalle falde di monte Grifone protetta da
una costruzione con arcate ogivali, conosciuta con il nome di archi di San Ciro.
L’appellativo Maredolce è relativo alla diga edificata nel 1130 su commissione di Ruggero II, re di Sicilia, sul sito dove si ergeva il palazzo che, riempita dall’abbondante acqua che scaturiva dalla vicina sorgente Fawwarah, divenendo per dimensione una vera e propria peschiera.
Il muro di contenimento delle acque presenta una doppia cortina muraria, composta da blocchi in tufo, ricoperti da intonaco idraulico a coccio pesto, di cui si conserva la parte a nord-est, caratterizzata anche dalla presenza di un arco che consentiva all’acqua di defluire verso l’esterno, per mezzo di una galleria.
Al XVI secolo risale il prosciugamento della sorgente e la trasformazione dell’area in un campo agricolo.
In questa affascinante località si erge il castello di Maredolce fu edificato nel 1071 su commissione di Ruggero II sulle fondamenta di una preesistente struttura fortificata eretta tra il 998 e il 1019 durante l’epoca kalbita.
Nel 1328, la fortezza venne ceduta dal re Federico III d’Aragona ai cavalieri Teutonici della
Magione, e da questi trasformata in un ospedale.
Dal 1460 fino alla fine del XVI secolo, la struttura fu concessa in enfiteusi alla famiglia dei Bologna, mentre nel XVII secolo, cadde nelle mani di Francesco Agraz, duca di Castelluccio, con funzione di azienda agricola.
Seguì un periodo di abbandono, che terminò nel 1940 quando furono eseguiti lavori di restauro, sotto la direzione di Mario Guiotto.
Il palazzo ha un impianto a forma rettangolare, con una rientranza nell’angolo est, sviluppato intorno ad un cortile centrale quadrangolare delimitato, sui lati, da un portico.
L’esterno del castello è stato realizzato con l’introduzione di grossi blocchi in tufo, dando vita a una compatta massa muraria, alleggerita da eleganti e slanciate arcate a sesto acuto.
Il prospetto principale situato sul fronte nord-ovest, accoglie quattro porte, di cui la seconda conduce al cortile interno, la terza porta introduce nella cappella del palazzo, mentre la quarta immette in una sala rettangolare alla cui parete sud-ovest, si addossa perpendicolarmente una sala riccamente decorata, e da molti considerata la sala del trono.
Seguono una serie di ambienti, interrotti dalla nota Sala dell’Imbarcadero, caratterizzata da un varco che si apriva sulla Peschiera di Maredolce.
Da non perdere la visita alla cappella palatina, dedicata fin dal XIII secolo ai santi Filippo e Giacomo, con impianto di forma rettangolare ad una sola navata coperta da due volte a crociera, con transetto sormontato da una cupola semisferica.
Il presbiterio, separato dalla navata mediante un arco trionfale, accoglie l’abside centrale, affiancata da protesi e diaconico, nonché due nicchie laterali, e due bracci coperti da altrettante volte a crociera, ognuno dei quali presenta una nicchia.
Dal presbiterio si eleva il tamburo che dapprima inizia con una forma quadrata, dopodiché diviene un ottagono terminante a forma cilindrica coperto da una piccola cupola.
Da ammirare i resti degli affreschi che decorano le pareti interne della chiesa collocabili tra il XVIII e il XIX secolo.
Il palazzo comprendeva una sala termale denominata hammam, situata esternamente all’edificio comprendente una stanza riscaldata, una stanza più calda con una vasca per i bagni caldi ed un stanza con vasca per i bagni freddi.
Dal XIX secolo l’hammam è parte integrante di un’attigua palazzina privata che ne nasconde la struttura.
Da ammirare l'aula regia divisa in due parte mediante un soppalco, di cui la parte superiore ospita una nicchia con la volta plissettata.
Tutt’intorno al castello si estendono bellissimi giardini, originariamente caratterizzati da specie arboree, palme da dattero, alberi di agrumi, uliveti e gli ulivi, irrigati da percorsi d’acqua, forza vitale per le piante, e allo stesso tempo essa simbolo della purificazione del corpo e dello spirito dell’uomo.

 
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