Parco Archeologico di Contrada Diana a Lipari
Il parco archeologico di contrada Diana situato sul sito a tutti noto come l’Acropoli dell’isola di Lipari, fu istituito nel 1971 a seguito degli scavi archeologici condotti dagli archeologi Luigi Bernabò Brea e Madeleine Cavalier, iniziati grazie alla scoperta di un lungo tratto delle mura urbiche di età greca del IV secolo a. C., individuato nel 1954 sotto Piazza Monfalcone (attuale Piazza Luigi Salvatore d'Austria), alle pendici del Castello.
La cinta muraria presentava due cortine di blocchi disposti su filari con tecnica isodomica e con doppia facciavista, mentre il nucleo interno era riempito con una notevole quantità di piccolo pietrame molto compatto; l’ordine esterno delle mura era caratterizzato da torri quadrate realizzate con la medesima tecnica, una delle quali è visibile all'estremità nord, mentre sul lato interno si aprono degli ambienti appartenenti ad abitazioni di età romana, costruite nel II secolo d. C., erette sulle fondamenta di case collocabili intorno al V secolo d. C.
Di fronte al prospetto esterno si può ammirare una muraglia composta di pietrame a secco e materiale di risulta, edificata nel 36 a.C. per volere di Sesto Pompeo, durante la guerra civile.
Poco più a sud è stati riportato alla luce un altro tratto delle mura greche del IV secolo a. C., contraddistinta da un’altra torre quadrangolare, dove sono emerse le tracce evidenti di uno strato di distruzione costituito da palle di catapulta, cuspidi di frecce e giavellotti ricollegabili alla battaglia fra Greci e Romani nel 252 a. C., cui seguì la conquista romana di Lipari.
Un'altra torre è stata inglobata durante il periodo normanno nelle fortificazioni costruite intorno alla rocca del Castello.
In definitiva l’antica cinta muraria racchiudeva la città estesa nella piana ai piedi del Castello, ricongiungendosi a questo sul lato nord e comprendendo a sud l'insenatura di Marina Corta, mentre verso ovest si estendeva l’area cimiteriale della necropoli utilizzata dalla fine del VI secolo a. C. al II secolo d. C. , dove sono state riportate alla luce oltre 2500 tombe indicate da una stele o da una pietra tombale sulla quale era incisa un'iscrizione.
Dall’età greca all’età romana il rito funerario maggiormente utilizzato era l’inumazione, per cui i corpi dei defunti venivano deposti entro sarcofagi in pietra o in terracotta, e accompagnati da corredi funerari, costituiti da vasi, statuette in terracotta, riproduzioni di maschere in terracotta, gioielli, oggetti in metallo e in vetro.
Da ammirare anche i resti di monumenti funerari di età romana imperiale, comprendenti tombe ad ipogeo, con ambiente sotterraneo accessibile mediante una scaletta, coperto da soffitto a volta, oppure nicchie scavate nelle pareti per accogliere le urne cinerarie o arcosoli per i sarcofagi.
Il parco archeologico comprende anche i reperti di cinque chiese: la chiesa di Santa Caterina edificata tra la fine del XVll e gli inizi del XVIII secolo, usata come cucina nel periodo fascista; la chiesa dell’ Addolorata della prima metà del XVI secolo; la chiesa dell'Immacolata realizzata nella prima metà del XVIII secolo; la Cattedrale di San Bartolomeo Apostolo di origini normanne; e la chiesa della Madonna delle Grazie del XVII secolo.
Dell’abitato risalente al periodo collocabile tra il XV e il XVIII secolo, si conservano alcune abitazioni che una volta abbandonate dagli abitanti, trasferitisi nella città nuova nella piana sottostante, furono occupate dai "coatti".
Al primi anni del Novecento risale la realizzazione della scalinata di accesso frontale alla cattedrale, voluta dal Vescovo per consentirgli di non passare tra le tristi case danneggiate, completamente demolite ventisei anni dopo, durante il governo fascista.
All’interno del parco archeologico dell’isola di Lipari, si possono anche ammirare i sarcofagi in pietra riportati alla luce presso la necropoli greca e romana di Contrada Diana, e una fossa votiva, denominata "Bothros di Eolo", profonda più di sette metri, dalla cui bocca coperta da un coperchio di pietra lavica sormontato da un leoncino, venivano gettati oggetti in terracotta, offerti ad Eolo dio dei venti.