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Castello Svevo di Augusta

Il castello di Augusta sorge nel centro storico dell’omonima cittadina siracusana, così chiamata in onore in onore dell’imperatore Augusto che nel quadro della sua politica demografica ripopolò la Sicilia dopo un periodo di guerre devastanti.
La sua costruzione fu voluta da Federico II di Svevia subito dopo il 1232, anno del suo sbarco a Megara, a causa di una tempesta, ed ivi insediatosi non appena si rese conto della bellezza e della straordinarietà delle terre che lo circondavano.
Da qui la realizzazione dell’imponente fortificazione che dall’alto della sua maestosità domina il mare e le terre circostanti, delimitato tutt’intorno dall’abitato di Augusta popolato dai cittadini di Centuripe e Montalbano Elicona ivi deportati per volere di Federico II.
Il castello, edificato presumibilmente sulle fondamenta di una preesistente torre di origini normanne, e su progetto dell’architetto Ruggero di Lauria, durante i primi giorni di rivolta dei Vespri Siciliani, precisamente nel 1282, fu occupato dal popolo, saccheggiato e liberato dall’occupazione francese.
Seguì l’elezione di Pietro III d'Aragona come erede legittimo della casa di Svevia, ma la forza angioina non mollò la presa, e sfruttando l'aiuto di qualche nobile insoddisfatto, nel marzo del 1287 dopo un lungo assedio riuscirono ad espugnare la fortezza.
La fine degli angioini fu segnata dal successore di Pietro II, Giacomo II, che dopo quaranta giorni di assedio, riuscì a sconfiggere gli avversari e a impadronirsi della fortezza.
Nel 1378 le mura del castello accolsero Maria d'Aragona, unica erede del regno di Sicilia, fatta prigioniera e quivi rinchiusa da Guglielmo Raimondo Moncada, conte di Augusta, al fine di sottrarla alle mire politiche dell'Alagona.
Questi, per liberare e riprendersi la fanciulla, assediò il maniero, ma fu costretto a desistere dall'arrivo della flotta aragonese; al termine di lunghe vicende, Maria d’Aragona andò sposa Martino, figlio del duca di Montblanc.
Nel 1400 il castello e la città conobbero un periodo di decadimento, giunto al termine nel momento in cui l’abitato fu venduto su commissione del re Ferdinando di Castiglia a Don Diego Sandonal, che a sua volta lo cedette al re Giovanni di Navarra.
Alla seconda metà del cinquecento risale la costruzione dei quattro bastioni angolari noti con i seguenti nomi: San Filippo; San Giacomo; Vigliena; e San Bartolomeo
Nel 1675 la flotta francese guidata da Luigi XIV ebbe la meglio sugli spagnoli, ottenendo da questi l’ambito bottino di guerra, il castello; in Sicilia, però, i francesi non trovarono buoni alleati, per cui il generale Le Feuillade, prese la decisione di abbandonare il tutto, lasciando loro un amaro ricorso, ossia il castello in rovina.
Durante il regno di Carlo II, il viceré di Sicilia, Benavides conte di S. Stefano, la fortezza venne restaurata con i fondi raccolti tra la popolazione.
Ingenti danni furono causati oltre che dal terremoto del 1693, anche dallo scoppio di una polveriera, che oltre a causare il crollo di una parte della struttura, implicò la morte del castellano e della sua famiglia, e costò la vita a quaranta monache. Seguirono i lavori di rifacimento voluti dal viceré Francesco Giudica, e nel 1890 la sua trasformazione in un carcere.
Oggi, il castello, dopo un ulteriore accurato lavoro di restauro, è tornato al suo antico splendore, ed accoglie tra le meravigliose sale un Museo, nonché molti eventi culturali.
L’impianto fortificato di forma quadrata eretto al vertice dell’antica cinta muraria di difesa, di cui si conserva la Porta Spagnola, munito di otto torri, quadrangolari agli angoli e rettangolari a metà delle cortine di facciata, era accessibile dal lato meridionale, dove un portale cinquecentesco, conduceva direttamente nel cortile centrale, intorno al quale sono disposti gli ambienti interni.
La corte rettangolare era delimitata su tre lati da un corridoio porticato coperto da crociere.